Vincisgrassi: storia e ricetta originale
I Vincisgrassi: cosa dice la storia
Esistono più ipotesi riguardo l’origine di questo piatto: la prima dice che risalga alla fine del ‘700, più esattamente nel 1799, quando nella città di Ancona, assediata dalle truppe napoleoniche, grazie all’aiuto delle truppe austro-russo-turche guidate dal generale austriaco Alfred von Windisch-Graetz, dopo un estenuante battaglia vittoriosa sui francesi, venne poi invitato a celebrare la vittoria mangiando questo emblema gastronomico, che apprezzò moltissimo, da quel giorno il è piatto si è chiamato Vincisgrassi, dalla storpiatura dialettale del nome del generale.
Una seconda ipotesi fa dei Vincisgrassi un piatto della tradizione culinaria maceratese già nel 1779, con un nome leggermente diverso: “princisgras”, un termine settecentesco che indica la parola “principe” e “grasso” e sta per indicare che il piatto era così ricco che avrebbe fatto onore anche nella tavola di un principe.
La versione più accreditata riguardo alla sue origini è quella che afferma che il piatto attuale non sia altro che una rivisitazione dei Princisgras del famoso cuoco dell’epoca Antonio Nebbia che ne pubblicò la sua ricetta nel libro”Cuoco maceratese” nel 1781.
I Vincisgrassi ebbero una diffusione capillare nelle trattorie e nei ristoranti della regione, diventando una delle bandiere gastronomiche delle Marche per i visitatori e i turisti stranieri; tra questi Orson Welles, che nel 1952 li apprezzò in un ristorante tipico di Ancona.
Piatto tipico della tradizione marchigiana e anconetana, i Vincisgrassi sono una gustosa variante della pasta al forno o delle lasagne che conosciamo tutti; il significato odierno che possiamo dare a questo succulento cibo è piatto della festa, del talento della nonna in cucina e della domenica a casa con la famiglia riunita.
L’ antica ricetta di Antonio Nebbia, il cuoco maceratese, 1781
Ecco cosa dice la ricetta originale in dialetto:
- “Prendete una mezza libra de persciutto, facetelo a dadi piccoli, con quattr’once di tartufari fettati fini; da poi prendete una foglietta e mezza di latte, stemperatelo in una cazzarola con tre once di farina, mettelo in un fornello mettendoci del persciutto, e tartufari, maneggiando sempre fino a tanto che comincia a bollire, e deve bollire per mezz’ora; da poi vi metterete mezza libra di pana fresca, mescolando ogni cosa per farla unire insieme; da poi fate una perla di tagliolini con dentro due ovi e quattro rossi; stendetela non tanto fina e tagliatela ad uso di mostaccioli di Napoli, non tanto larghi; cuoceteli con la metà di brodo e la metà di acqua, aggiustati con sale; prendete il piatto che dovete mandare in tavola: potete fare intorno al detto piatto un bordo di pasta a frigè per ritenere in esso piatto la salsa, acciocché non dia fuori quando lo metterete nel forno, mentre gli va fatto prendere un poco di brulì.”
I suoi ingredienti e la sua preparazione
Per preparare questa specialità culinaria è necessario stendere rigorosamente a mano una sfoglia di pasta all’uovo, tagliarla in pezzi rettangolari, che vanno bolliti e asciugati su di un telo; ogni pezzo va poi disposto in una teglia, mettendo tra uno strato e l’altro un ragù particolare, perché la carne non viene macinata , ma tagliata; non solo ma nella ricetta originale vengono aggiunti anche i rigagli di pollo.
Poi c’è la besciamella, più compatta e consistente e ricca di noce moscata; sia la carne che la besciamella, vanno messi anche come decorazione. Il tutto si inforna fino a quando lo strato superiore è diventato ben croccante. L’impasto può essere preparato con l’aggiunta marsala o vino cotto.
Tra i Princisgras e la versione moderna corre una principale differenza: i Vincisgrassi del III millennio sono rossi, mentre quelli settecenteschi erano in bianco e comprendevano tartufo ed interiora.
A metà strada tra le splendide città d’arte di Pesaro ed Urbino, sorge il ristorante La Nuova Fazenda, dove potrai gustare un’ampia varietà di piatti tipici (anche senza glutine), quali ciauscolo e Vincisgrassi marchigiani e tante altre specialità.
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